Curiosità

FARE LA FIGURA DA CIOCCOLATAIO!!!
Appena ritornata da Torino, voglio condividere quest'espressione che non avevo mai sentito prima e che a seconda quello che mi hanno raccontato i torinesi è un'espressione propria di questa città e della regione del Piemonte. Visitando la Basilica di Superga, ho avuto l'opportunità di vedere la cripta dove sono stati seppelliti alcuni dei Savoia, lì la guida ci ha spiegato il significato di questo modo di dire: Fare una figura da cioccolataio, che viene usato per dire fare una brutta figura o una figuraccia. Fino a cui niente di particolare. Ma l'origine di questo risale intorno al 1830, epoca in cui  Torino veniva considerata la città del cioccolato. Un cioccolatiere diventò ricco e decise di farsi costruire una carrozza che fosse trainata da quattro cavalli, quando nell'epoca ai borghesi era soltanto permesso una carrozza con due cavalli. La notizia arrivò al Duca Carlo Felice che fece chiamare il cioccolataio per chidergli di non farne uso giacché questo tipo di carrozza apparteneva soltanto al Re e che lui come Re di Sardegna, di Cipro e di Gerusalemme non poteva essere scambiato per un ciocolataio!
C'è anche un'altra versione che racconta che a Genova viveva un ricco cioccolataio che possiedeva una carrozza più bella e lussuosa di quella del Re, e quanto egli si presentò all'inagurazione del Teatro Carlo Felice, essendo quella del Re più brutta, la gente mormorò e disse: Il Re ha fatto una figura da cioccolataio.





Il saluto più internazionale è italiano, ma quale è stata la sua origine?

Il ciao nasce da un saluto ceremonioso e affettato in lingua veneta sciao(pronunciato s e c separate) che significa schiavo , come dire schiavo vostro, servo vostro, come si può osservare nelle opere teatrali di Carlo Goldoni. Il termine cambia quando passa in Lombardia, terra meno ceremoniosa e più sbrigativa, perdendo la s iniziale e diventando ciao. Dalla Lombardia si diffuse in tutta Italia, ma questo avvenne all'inizio del Novecento.
Oggi possiamo sentire questo ciao dovunque. Quando salutiamo alla fine di una telefona questo ciao diventa ciao ciao ciao, pronunciato frettolosamente, spesso sottovoce, inunica emissione di fiato. Occupa lo spazio di tempo per deporre il ricevitore.
Testo adattato da Si dice o non si dice a cura di Paolo Pivetti.

I COLORI A NAPOLI.
Il semaforo diventa rosso. Le macchine continuano a passare senza nessuna esitazione. Anche il taxi su cui sto viaggiando ignora tranquillamente il segnale e passa con estrema disinvoltura. Dentro di me sorrido e cerco di capire quali mai possono essere le motivazioni recondite di questo atteggiamento. Mentre sono lì che faccio ipotesi e che formulo teorie sul rifiuto al’imperativo categorico, il conducente del taxi, quasi che mi avesse letto il pensiero, si volta e dice:
<<Dottò, per noi napoletani il semaforo rosso non è un divieto, è un consiglio. È come se il semaforo ci dicesse: “Figlio mio, io segno rosso, tu poi fai come ti pare: se vuoi passare , passa, tanto non ti dice niente nessuno. Certo... fallo con prudenza! Se invece ti vuoi fermare, che ti debbo dire? Fermati. Però anche in questo caso, mi raccomando, usa tutta la prudenza possibile perché quelli dietro di te non se l’aspettano e ti potrebbero tamponare”>>.
<<“E il semaforo verde che dice?”>>
<<Dice: “Guagliò, la via secondo la legge è libera, tu però non ti fidare. Ricordati sempre che dall’altra parte ci sono quelli che passano col rosso. Fai una cosa: guarda prima a destra e a sinistra, e se non vedi nessuno ... passa”>>.
<<E il giallo?>>
<<No quello non dice niente. Lo teniamo... per allegria!>>
(testo presso da La Napoli di Bellavista di Luciano di Crescenzo).
Qui troverete espressioni, modi di dire ed altre informazioni sulla lingua e sulla cultura italiana.

Pietra miliare.

Si usa quest'espressione per indicare ciò che ha un'importanza tale da rimanere nell'immaginario collettivo. La pietra miliare era infatti una piccola colonna, che i Romani sistemavano lungo il ciglio delle strade, segnando così ogni miglio trascorso, in modo di far un riferimento costante del percorso già fatto. Sono le prime indicazioni della storia. La misurazione delle strade romane fu stabilita dalla legge nel 123 a. C per volere del tribuno  della piebe Gaio Gracco.
(presso da La vera storia di 400 frasi celebri e modi di dire di Sabrina Carolo)


PRONTO?
Perché gli italiani per avviare una conversazione telefonica dicono “Pronto?”.
Non è possibile dare una risposta certa. Si sono formulate varie ipotesi su questo argomento, tuttavia quella più accreditata sembra la seguente:
Prima di diventare un servizio civile, l’uso del telefono era riservato ai militari, ai poliziotti e ai pompieri per i quali era naturale rispondere “pronto”, l’equivalente di “signorsì”, ogni volta che venivano interpellati da un superiore. Il primo collegamento telefonico in Italia avvenne proprio fra il Municipio e la caserma dei pompieri. L’abitudine militare di rispondere “pronto” sollevando la cornetta è stata adottata da tutti.
(testo presso da: In pratica di Guerra Edizioni)

PENNICHELLA, SIESTA O PISOLINO?

  Molte persone hanno l’abitudine, soprattutto in estate, di riposare un po’ subito dopo il pranzo. Questo tempo dedicato al riposo si chiama pennichella o pisolino ma anche riposino, per indicare che si tratta di un breve periodo.
  Per tanti secoli, soprattutto per chi viveva in campagna o in piccoli paesi, la vita era regolata dagli orari delle preghiere nei conventi. Il suono di una campanella  comunicava al popolo i momenti della giornata da dedicare alla preghiera. I frati si alzavano e si riunivano a mezzanotte per recitare i salmi  chiamati Mattutino; alle tre recitavano le Laudi; e a distanza di tre ore recitavano la Prima, la Terza, la Sesta e così via. La Sesta era verso mezzogiorno, ora del pasto principale della giornata. Consumato il pasto, era consentito un breve riposo. La sesta divenne con il passare del tempo sinonimo di riposo pomeridiano, e infatti in spagnolo il pisolino si chiama siesta.

(testo presso da: In pratica di Guerra Edizioni)
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